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mercoledì 14 dicembre 2011

IL RAGAZZO CON LA BICICLETTA

GRAFFITI SULL'ORFANOTROFIO DI EKANTERINBURGO


IL RAGAZZO IN BILICO
DI JEANNE PIERRE E LUC DARDENNE, 2011
titolo originale: Le Gamin Au Vélo


[Il piccolo Cyril dopo la morte della madre, viene abbandonato dal padre in un istituto. Incapace di accettare la realtà dell'abbandono, il ragazzo fugge continuamente agli educatori lanciandosi nella disperata ricerca dell'uomo, sparito senza lasciare tracce. Seguendo le briciole lasciate dal padre il ragazzo troverà sulla sua strada la fata buona (Cécile De France), la donna per una volta salvifica che gli restituirà la libertà]. 

Il sottotitolo del film poteva essere "Una favola modena", e di certo una favola è nella sostanza, una favola dolceamara alla maniera di Oliver Twist, Tom Sawyer o dei mille protagonisti orfani che popolano l'immaginario delle favole Disney e le innumerevoli storie d'infanzia tradita delle letterature di ogni dove.
Detto ciò e difficile non notare l'attenuazione dei toni di denuncia sociale del cinema dei Dardenne: dopo la "palmata" Rosetta e il bellissimo e inquietante L'enfant, benché appaiano confermate le consuete attitudini all'infanzia, alle criticità della società e delle indagini sul rapporto genitori-figli ci viene data in pasto una lezioncina di pedagogia solo per farci dimenticare che stiamo per essere sbranati dal professore di sociologia. Ci piace sì (maybe). Mi piace il piccolo Pinocchio e la sua fata turchina, mi piace quella naturalezza e quella facilità del racconto e mi aggrada la sottigliezza dei rapporti, soprattutto amo la lucidità con cui si è affrontata l'indagine sociale; è difficile tuttavia dimenticare che siamo nel 2011 e che, in fondo, tutte queste belle cose le sapevamo già; in questo senso, riesce facile anche apprezzare il richiamo al neorealismo e ai Ladri di biciclette di De Sica. La bicicletta del piccolo Cyril campeggia al centro del film dando gli accenti e sottolineando le cadute, apparendo e scomparendo come ad annunciare un cambio di pagina nel racconto: è il simbolo dell'abbandono del padre, che non esita a venderla dopo aver scaricato il ragazzo in istituto, è il simbolo dell'ostinazione del figlio, che non crede il padre capace di tanto, è la bici a permettere l'incontro con Samantha, è ancora la bici a trascinarlo nel bosco e a fornire l'aggancio da parte dello spacciatore; ma è ancora, e soprattutto, il simbolo dell'emancipazione, sebbene passi attraverso strade buie e deserte, vicoli ricchi di tentazioni e sentieri solitari. Non chiediamo di nascere, né quando, né come, ma se ci vengono date delle ruote dovremmo avere la bontà di sfruttarle, perché corri e pedala oggi, chissà, ti dimentichi domani di quanto i genitori sanno essere stronzi.