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martedì 18 giugno 2013

ANTON ČECHOV | LA FORTUNA D'ESSER DONNA

La fortuna d'esser donna
racconto breve,
di Anton Čechov [Taganrog 16 gennaio 1860 - Badenweiller 2 luglio 1904]


ČECHOV E LE DONNE, CAPITOLO PRIMO.
[Inauguro così, con questo breve, brevissimo testo, la serie di racconti che Čechov ha dedicato alla riflessione sulla figura femminile]

Si facevano i funerali del tenente generale Zapupyrin. Verso la casa del defunto, dove echeggiava la marcia funebre e risuonavano parole di comando, la gente accorreva da ogni parte, desiderosa di assistere al trasporto del feretro. In uno dei gruppi che accorrevano, si trovavano due impiegati, Probkin e Svistkòv. Tutti e due erano con la moglie. 
- Non si può passare - li fermò un vice commissario di polizia, dal viso buono e simpatico, quand'essi si avvicinarono ai cordoni. - No-on si può! Prego, un pochino più indietro! Signori, non dipende da noi! Prego, indietro! Del resto, e sia, le signore possono passare...prego, mesdames, ma...voi signori, per amor di Dio...
Le mogli di Probkin e di Svistkòv si fecero rosse per l'inattesa amabilità del vice commissario e sgusciarono attraverso i cordoni, ma i mariti rimasero dall'altra parte della barriera vivente a contemplare le schiene delle guardie a piedi e a cavallo.
- Sono passate! - disse Probkin, guardando con invidia, quasi con odio, le donne che si allontanavano. - Hanno fortuna, per Dio, queste gonnelle! Al sesso maschile non saranno mai concessi i privilegi di cui gode il sesso femminile. Ma che c'è in loro di straordinario? Sono donne, si può dire, delle più comuni, piene di pregiudizi, e le hanno lasciate passare; ma io e te, anche se fossimo consiglieri di Stato, per nulla al mondo ci lascerebbero passare. 
- Il vostro modo di ragionare è strano, signori! - disse il vice-commissario, guardando Probkin con aria di rimprovero. - Se vi lasciassero passare, voi comincereste subito a spingere e a far disordine: ma una signora, con la sua finezza, non si permetterà mai nulla di simile!
- Smettetela, per carità! - si irritò Probkin. - Nella folla la donna è sempre la prima a spingere. L'uomo sta fermo e gurada in un punto, ma la donna lavora di gomiti e spinge perché non le sciupino le vesti. Non c'è che dire! Il sesso femminile ha sempre fortuna in tutto. Le donne non vanno a fare il soldato, partecipano gratuitamente alle serate danzanti e sono esenti dalle pene corporali...E per quali meriti, domando io? Una signorina lascia cadere un fazzoletto e tu glielo raccogli; lei entra e tu ti alzi e le cedi la tua sedia; esce, tu l'accompagni...E prendete i titoli! Per giungere, mettiamo, a consigliere di Stato, tu ed io dobbiamo sgobbare tutta la vita, ma una ragazza in quattro e quattr'otto si sposa con un consigliere di Stato: ecco che è già una personalità. Perché io sia fatto principe o conte è necessario che conquisti il mondo, prenda una città ai Turchi, diventi ministro; ma una qualsiasi, che Dio mi perdoni, Vàren'ka o Kàten'ka, con ancora il latte sulle labbra, fa la ruota davanti a un conte, strizza gli occhiettini, ed eccola sua altezza...Tu sei ora segretario provinciale...Questo grado, si può dire, te lo sei guadagnato con sudore e sangue; ma la tua Mar'ja Fomišna? per qual ragione è segretaria provinciale? da figlia di pope, è diventata direttamente funzionaria! Bella funzionaria! Dàlle da fare il nostro lavoro e lei ti scriverà le entrate al posto delle uscite.
- Però la donna partorisce i figli con dolore - osservò Svistkòv.
- Bella roba! Se dovesse star dritta davanti a un superiore quando ti fa venir freddo, gli stessi figli le sembrerebbero una delizia. In tutto e per tutto esse godono di privilegi! Una qualunque signorina o signora del nostro ambiente può dire a bruciapelo a un generale cose che tu non osersti dire a un usciere. Sì...La tua Mar'ja Fomišna può arditamente andare a braccetto con un consigliere di Stato, ma rendilo un po' tu a braccetto un consigliere di Stato! Provaci e vedrai! Nella nostra casa, proprio sotto di noi, fratello, abita un professore con la moglie...Un generale, capisci, insignito dell'ordine di Sant'Anna di primo grado, ma si sente di continuo la moglie come lo tratta: " Stupido! stupido! stupido!". E non è che una semplice donnetta, di famiglia piccolo-borghese. Del resto, qui si tratta della moglie legittima e non c'è niente da fare...da che mondo è mondo, è ammesso che le mogli legittime insultino, ma tu prendi quelle che non lo sono! che cosa si permettono queste!  Per tutta l'eternità non mi dimenticherò un caso. Poco mancò che non mi rovinassi e, se sono scampato, fu senza dubbio per le preghiere dei miei genitori. L'anno scorso, ricordi, quando il nostro generale andò in permesso a casa sua in campagna, mi prese con sé per sbrigare la corrispondenza...Una cosa da nulla, un'ora di lavoro. Dopo averlo sbrigato, ero libero di andarmene per il bosco o di ascoltare i canti della servitù. Il nostro generale era scapolo. la casa ea piena di tutto, i servi erano numerosi come i cani, ma non c'era una moglie, nessuno che governasse la casa. Gente sempre indisciplinata e disobbediente...e a tutti comandava una donnetta, l'economa Vera Nikìtišna. Lei versava il tè, ordinava il pranzo e sgridava i servi. Era una donna, fratellino mia, cattiva, velenosa, dallo sguardo satanico. Grassa, rossa, stridula...Quando cominciava a gridare contro qualcuno, quando levava certi strilli, sarebbero fuggiti anche i santi. Non tanto gli insulti davano ai nervi, quanto quegli strilli. Oh, Signore! Non lasciava vivere nessuno. Non solo con la servitù, ma anche con me cominciò a prendersela, quella briccona...Ebbene, penso, aspetta un po': troverò io il momento e racconterò tutto al generale. Egli è immerso, penso, nelle cose del suo servizio e non vede come tu lo derubi e maltratti la gente, aspetta che gli aprirò gli occhi. E glieli aprii, fratello, gli occhi, glieli aprii in modo tale che poco mancò che non chiudessi per sempre i miei e anche adesso, se ci ripenso, mi sento riempire di spavento. Vado un giorno per il corridoio e a un tratto sento degli strilli. Da principio pensai che scannassero un maiale, ma poi tesi l'orecchio e sentii che era Vera Nikìtišna la quale inveiva contro qualcuno: "Animale! Schifoso! Demonio!". "Chi sarà costui?" penso. E a un tratto, fratellino mio, vedo che si apre la porta e ne sguscia fuori il nostro generale, tutto rosso, con gli occhi fuori dell'orbita e i capelli come se il diavolo ci avesse soffiato sopra. E lei gli grida dietro: "Schifoso! Diavolo!". 
- Tu menti!
- Parola d'onore. Mi sentii avvampare, sai. Il nostro generale fugge nella sua camera e io me ne sto nel corridio, come un imbecille, senza capir nulla. Una semplice donnetta ignorante, una cuoca, una zotica, si permette tutt'a un tratto di parlare e di agire a questo modo! Vuol dire, penso, che il generale voleva lincenziarla e lei, approfittando che non c'erano testimoni, glie n'ha dette di cotte e di crude. Tanto se ne deve andare! Mi sentii indignato...Andai da lei nella sua camera e le dissi: " Come hai osato, tu, miserabile, dir simili parole ad una persona così altolocata? Credi tu, perché egli è un vecchio impotente, che non ci sia nessuno per prendere le sue parti?" La presi, capisci, e le affibbiai due ceffoni sulle guance paffute. Alzò tali strilli, fretellino mio, si mise a urlare così forte che io dissi fra me: che tu sia tre volte maledetta! Signore aiutami! Mi turai gli orecchi e andai nel bosco. Dopo circa due orette mi corre incontro un ragazzotto: "Favorite dal padrone". Vado. Entro. Siede tutto imbronciato come un tacchino, e non mi guarda.
- " Che state mai combinando, dice, in casa mia?". "Come sarebbe a dire?, domando. Se, dico, voi parlate della Nikìtišna, vostra eccellenza, io ho preso le vostre parti". "Non è affar vostro, dice, immischiarvi nelle faccende familiari altrui!". "Capisci? Faccende familiari! E come cominciò, fratello, a tartassarmi, come cominciò a strigliarmi! Per poco non ne morii! Parlava e parlava, borbottava e borbottava, e a un tratto, fratello, che è che non è, scoppia a ridere. "Ma come avete potuto far ciò?!...dice. Come avete trovato il coraggio? È sorprendente! Ma spero, amico mio, che tutto questo rimarrà fra noi...Capisco la vostra impetuosità, ma conviene che una vostra ulteriore permanenza in casa mia è impossibile...". Ecco, vedi, fratello! Gli riusciva perfino sorprendente che io avessi potuto picchiare una tacchina così tronfia. Quella donnetta lo aveva accecato! Un consigliere segreto, insignito dell'Aquila Bianca, che non conosce superiori al di sopra di sé, era sottomesso a una donnetta...Grandi sono, fratello, i privilegi del sesso femminile! Ma...levati il berretto! Portano fuori il generale...Quante decorazioni, santi del paradiso! Ma perché diamine hanno lasciato passare le donne, forse che ne capiscono qualche cosa di decorazioni?
La musica cominciò a suonare.

«La concisione è sorella del talento»
«più breve è, più vale»
In questo caso, aggiungo io, non vale molto.

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